Diritto d’uso e diritto di abitazione

Per la legge italiana esistono tre diritti reali limitati, detti anche minori, che vanno a limitare più o meno il diritto di proprietà.
Questi sono l’usufrutto, il diritto d’uso e il diritto di abitazione.
Del primo ne abbiamo parlato ampiamente nel nostro articolo del 19 marzo.
Tutti e tre servono principalmente a separare la titolarità del bene, che rimane al concedente, e i privilegi che ne derivano (godimento, utilizzazione e gestione) che vanno invece al beneficiario.
Gli ultimi due sono regolati dagli artt. 10211022.

Con il diritto d’uso, il proprietario di un immobile concede ad un terzo soggetto (cd. usuario) il diritto di servirsi e utilizzare il bene. Se da questo ne derivano dei frutti, questi devono essere limitati soltanto ai bisogni dell’usuario e della sua famiglia.

Il diritto di abitazione ha un raggio di azione ancora più ristretto. L’uso dell’immobile è concesso solo a chi ne ha diritto e non può né locarla né cederne l’uso ad altri familiari. Solitamente questo diritto si rivolge a chi ha perso un coniuge, in quanto successore mortis causa, e gli sono riservati sia i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, sia l’uso dei mobili presenti al suo interno, sempre se questi siano proprietà del defunto o comuni.

Entrambi hanno un carattere strettamente personale e legati alla vita del titolare, quindi non sono trasmissibili (Cass. n. 3988/1979), cedibili o essere oggetto di locazione.

Questi due diritti derivano principalmente da un accordo tra le parti, per testamento, per legge, per una decisione dell’autorità giudiziaria o per usucapione.

Tra diritto d’uso e diritto di abitazione la principale differenza è quella che mentre nel primo il titolare del diritto può utilizzare per intero l’immobile per uffici, magazzini etc. oltre quelli che sono i suoi reali bisogni, nel diritto di abitazione il titolare del diritto può soltanto abitare l’immobile limitatamente per i bisogni suoi e della sua famiglia.

Per quanto riguarda il concetto di famiglia, è lo stesso in entrambi i diritti e come recita l’art. 1023 c.c. (come modificato dal D.Lgs. n. 154/2013):
Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto d’uso o d’abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto è sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono inoltre i figli adottivi e i figli riconosciuti, anche se l’adozione o il riconoscimento sono seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi.

Per gli Obblighi inerenti all’uso e alla abitazione rimandiamo all’art. 1025 c.c.:
Chi ha l’uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa è tenuto alle spese di coltura, alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come l’usufruttuario.

Si può notare quindi che per la gestione delle spese e il pagamento delle tasse valgono le stesse regole dell’usufrutto.

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